RAI DDL Gentiloni 2007 di Elio Matarazzo

Il Manifesto ha riproposto,al governo in carica, il DDL Gentiloni sulla RAI, iniziativa che sembra opportuna e che vorrei sostenere ricordando le linee guida.

Nel maggio del 2007, Paolo Gentiloni ministro del secondo Governo Prodi propose la Riforma della RAI nel CDM dove al termine il Premier Prodi dichiarò : Abbiamo discusso ma hanno votato tutti.

Come é noto quella riforma, che aveva elementi di novità, non é mai stata trasformata in Legge dello stato e la RAI Servizio Pubblico é quella regolata dalla legge del 1976.

La RAI TV Servizio Pubblico è la più grande casa editrice italiana, di produzione di contenuti multimediali, e riproporre oggi una sua riorganizzazione, significa pensare ad un soggetto pubblico che mette insieme tecnologia e creatività, propulsore dell’innovazione digitale, nella produzione e nella diffusione di contenuti.

La filosofia della riforma Gentiloni, era quella di dare autonomia alla RAI, creare una distanza all’ingernza dei partiti, aumentare               l’ autonomia dal governo, con la possibilità del Servizio Pubblico di decidere autonomamente sul suo futuro, dando sicurezza nella entrate delle risorse economiche.

La Proposta innovativa del DDL era trasformare la RAI TV in un’ azienda a rete, un’ “azienda corta” che privilegi la flessibilità e l’autonomia dei giornalisti e degli autori, rispetto ai super-condizionamenti politici e burocratici, rilanciare la produzione interna, assicurare le condizioni strutturali del pluralismo e ricercare la propria unitarietà nella coerenza del progetto strategico. La Fondazione doveva essere il garante dell’autonomia del Servizio Pubblico dalla politica e dall’economia.

Il modello organizzativo era basato sui seguenti elementi:

Una Fondazione RAI: con “atto di Dotazione” veniva istituita una fondazione che aveva il fine di perseguire l’interesse generale con l’esercizio del Servizio Pubblico radiotelevisivo; il Parlamento doveva nominare gli amministratori che restavano in carica per almeno sei anni. Il C.d.A. della Fondazione era composto da 11 persone (4 nominate dalla Commissione parlamentare di vigilanza, con una maggioranza qualificata di due terzi, 2 dalla Conferenza delle Regioni, 1 dai dipendenti RAI , 1 nominato dal CNEL, (oggi non abolito), 1 dal Consiglio Nazionale degli Utenti e Consumatori, 1 dall’Accademia del Licei, 1 dalla Conferenza dei Rettori). Ricordo bene che secondo Paolo Gentiloni, allora ministro delle Comunicazioni, la pluralità delle fonti di nomina, era la garanzia di autonomia reale, espressione della società civile.

La RAI S. p. A doveva essere controllata dalla Fondazione, che mantiene una sua unitarietà sotto il controllo pubblico, con la separazione economica da ciò che è finanziato dal Canone, da quello finanziato dalla pubblicità e la separazione tra le reti e i fornitori di contenuti. Il Presidente era nominato dalla Fondazione, mentre l’Amministratore delegato era eletto dal C.d.A.

Il DDL stabiliva che il canone era deciso dalla Carta del Servizio Pubblico dando certezze di risorse e di regole alla RAI.

 

Alla fine del CDM il Premier Prodi dichiarò che il DDL sulla RAI aveva provocato molte discussioni, ma poi era stato votato all’ unanimità e il Ministro Gentiloni si aspettava che il DDL “possa avere l’iter di approvazione più rapido” . Il DDL era stato il frutto di un lavoro fatto dai governi precedenti e da un gruppo di lavoro voluto dall’allora sottosegretario Vincenzo Vita e coordinato da Elio Matarazzo, sintetizzato in un libro “ La RAI che non vedrai” Milano 2007.)[1]

 

Come capita altre volte, rileggere le dichiarazioni alla luce degli anni trascorsi sembrano battute, che potremmo sentire dal bravo comico Crozza nella sua trasmissione “ Crozza nel paese delle meraviglie”.

Il DDL era una proposta concreta, adeguato ai tempi, non era fatto di sogni, che sono belli e riempiono le nostre notti, tutelano il nostro sonno, ma svaniscono quando al mattino ci svegliamo.

La Proposta Gentiloni approvato dal CDM del maggio 2017, adeguava la RAI Servizio Pubblico alla rivoluzione della “tecnologia digitale” che ha generato il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione e diffusione di contenuti (cultura, informazione, intrattenimento). La circolarità delle risorse immateriali, come la conoscenza, l’informazione, la creatività, la ricerca scientifica e tecnologica, offre un’infinita gamma di potenzialità applicative, ideative, produttive e di architetture comunicative nuove, nuovi lavori, attraverso i social media digitali possono provocare nuovo svilippo e occupazione.

Il mercato della comunicazione, e della produzione dei contenuti, è caratterizzato dalla concorrenza globale; questa situazione, richiede in Italia la presenza di un soggetto imprenditoriale pubblico, solido, finalizzato alla realizzazione degli interessi culturali generali del paese con l’obbiettivo di pensare al Welfare della comunicazione, promuovendo la produzione di contenuti italiani, rispetto a quelli acquistati proponendo il nostro modello culturale.

La sfida è ancora oggi, quella di far convivere le ragioni del Servizio Pubblico con quelle legate all’esigenza di stare sui mercati mondiali con un’impresa efficiente. L’obbiettovo da sostenere è trsformare la RAI in un grande gruppo multimediale e riconquistare la leadership nell’informazione, nella cultura, nell’ intrattenimento, nei programmi di servizio pubblico e in quelli legati al mercato, allargando la propria attività ai nuovi servizi digitali dell’industria della comunicazione digitale.

Ancora una volta una battaglia di politica culturale, avendo la certezza che oggi, più dei recenti anni passati, siamo sempre più immersi nei social media, circondati dalle immagini, dove l’informazione e la conoscenza delle persone é formanta dalle piattaforme multimediali globali, dove le false imformazioni i fatti del mondo inventati, spesso diventano credibili.

La sinistra ha sempre fallito le battaglie politiche sulle reti multimediali di diffusione di massa, concentrando le proprie risorse sui giornali, oggi sul web, sui film dove i nostri autori hanno dato un grande contributo diventando un riferimento a livello mondiale.

La rivoluzione digitale, ha trsformato i rapporti sociali ed economici mondiali, la globalizzazione dei contenuti con le grandi reti mondiali, hanno modificato l’orizzonte della comunicazione. Non basta sostenere politiche sulla conoscenza a livello territoriale, occorre avevre strategie globali; l’iniziativa del Manifesto nel riproporre il DDL Gentiloni del 2007, sulla riforma della RAI, ritengo sia un atto politico importante che guarda al futuro e allo sviluppo economico e sociale con una accentuazoone di sinistra: un nuovo inizio.

 

 

[1] ( Governo Prodi- (17.05.1996 – 21.10.1998) Ministro: delle comunicazioni Antonio Maccanico, Sottosegretari: Michele Lauria, Vincenzo Maria Vita – I Governo D’Alema (21/10/1998 – 22/12/1999) Ministero delle Comunicazioni; Ministro: Salvatore Cardinale; Sottosegretari: Michele Lauria, Vincenzo Maria Vita – II Governo D’Alema – (22 dicembre 1999 – 25 aprile 2000) Ministero delle COMUNICAZIONI :Ministro: Salvatore Cardinale
Sottosegretari: Vincenzo Maria Vita, Michele Lauria –
II Governo Amato – (25 aprile 2000 – 11 giugno 2001)Ministero Comunicazioni Ministro: Salvatore Cardinale; Sottosegretari: Michele Lauria Vincenzo Maria Vita; il disegno di legge n.1138 relativo alla riforma dell’assetto della Rai


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